lunedì 17 marzo 2008

Onora il padre e la madre: recensione

Philip Seymour Hoffman e Ethan Hawke

Onora il padre e la madre è un bel film, molto più crudo e spietato di quanto mi potessi aspettare dall'ottantaquattrenne Lumet.
Vi riporto parte della recensione al film che ho scritto per drammaturgia e che ritrovate integralmente qui. Seguiranno brevi approfondimenti su alcuni temi...

Lumet realizza un film che è costruito come un meccanismo di precisione, in cui ogni ingranaggio si incastra in modo puntuale sull’altro. Per far questo si serve della struttura del giallo e della tragedia come colonna vertebrale, e di ogni sequenza e inquadratura come di un organo con il quale provocare un movimento ritmico e ricorrente. Ma rispetto a film del passato come Serpico o Quel pomeriggio di un giorno da cani, il regista ottantaquattrenne compone una discesa verso l’inferno progressiva e inesorabile, che non ammette scappatoie, salvezze, facili ironie.
La leva che mette in funzione il meccanismo è solo apparentemente un fatto minimo, banale: una rapina finita male in una gioielleria di periferia. L’anziana commessa riesce ad uccidere il rapinatore, ma a sua volta è ferita a morte. Questo evento è il nodo centrale attorno al quale si dispiega il racconto. Un atto che trascinerà nel baratro la vita di due fratelli e dei loro familiari. Una serie di flashback e flashforward a partire dalla rapina ci conduce dietro le pieghe dell’apparenza. Veniamo così a sapere, tassello dopo tassello, che quella gioielleria era proprietà dei genitori di due fratelli; che sono stati questi ultimi a pianificare la rapina; che la donna ferita a morte è la loro madre. Il film ci svela come l’effetto domino abbia avuto il suo avvio molto tempo prima della rapina, annidato nell’oscurità dei rapporti famigliari, e che le conseguenze catastrofiche non tarderanno a sopraggiungere. [Continua...]

Una cruda scena di sesso fra marito e moglie in vacanza in una piccola camera d’albergo a Rio: questo è il prologo di Before the devil Know You’re dead. Da una parte e dall’altra gli specchi rimandano l’immagine dei due, quasi intrappolati nella loro trivialità, nel godimento di un’effimera felicità carnale, destinata a svanire al sorgere del sole. Già domani sarà il momento di tornare a New York, di indossare nuovamente la maschera consueta, quella di una coppia che non esiste più, minata all’interno da una fitta rete di bugie e tradimenti.
La specularità, la ricerca di una perfetta simmetria, già evidente fin dalla scena del prologo, è la figura retorica che dà forma al film. Una specularità che coinvolge sia il racconto, con l’alternarsi dei vari punti di vista sullo stesso evento, sia lo stile, con le ricercate geometrie della macchina da presa, nei continui campi/controcampi, nei non rari scavalcamenti di campo. Lo sguardo di Lumet diventa freddo e rigoroso, come quello di un entomologo. Ma solo in superficie, perché quello che gli interessa è invece mostrare la parte oscura e passionale che si cela nei suoi personaggi, soprattutto nei due protagonisti, nei due fratelli, Andy e Hank.
Quello che i protagonisti non sanno è che il diavolo si è seduto accanto a loro, e si sta divertendo perché sa già che fine faranno. Il mondo è un posto pericoloso. Qualcuno riesce a farci i soldi. Altri, semplicemente, ci crepano. Non esiste nessun personaggi nemmeno lontanamente positivo in questo film. Nemmeno fra quelli minori. Non esiste nessuno di loro che non abbia qualche colpa da scontare. La dea della giustizia, Nemesi, si abbatterà su tutti i componenti della famiglia, e in modo più feroce col padre, il quale dovrà pagare il prezzo più alto per riportare l’ordine finale.
[Continua...]
Before the devil Know You’re dead mostra una grande sfiducia nell’uomo. Basta limitarsi ad osservarlo un po’ più a lungo perché si tradisca e si mostri, spesso, per quello che è realmente, un essere doppio e terribile che nasconde segreti inconfessabili. La condizione dei protagonisti è quella di rimanere schiacciati in fondo alle stanze, negli uffici squallidi, negli appartamenti freddi e desolati. Sono i personaggi stessi che spesso vengono verso la m.d.p., per mostrare il loro sconforto e cercare pietà.
Una delle scene più belle del film che ben testimonia di questa condizione è certamente il lungo piano sequenza in cui Andy entra nell’appartamento in un grattacelo, per comprare e iniettarsi una dose di eroina in tutta tranquillità. Mentre il pusher, poco più che adolescente, gli prepara la dose, Andy, il manager fallito, si aggira fra le stanze raffinate e asettiche (fashion) dell’appartamento, seguito dalle musichette del cartone animato che provengono da un enorme schermo al plasma attaccato alla parete. Ogni elemento, la musica, i colori, gli oggetti, stride con la condizione del personaggio, e ci permette di cogliere la sua più assoluta solitudine. Fuori dalla finestra è la città che lo guarda, indifferente al suo dramma.

Philip Seymour Hoffman e Ethan Hawke

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