Il cambiamento del modo di produzione post-industriale non ha comportato soltanto la proliferazione di una enorme quantità di beni superflui, che si gettano prima che siano stati consumati, ma ha generato quello che Pasolini chiamava una nuova cultura, una modificazione antropologica dell’uomo. Pasolini riteneva che tra il 1961 e il 1975 si fosse realizzato un «genocidio culturale»: il mondo antico e contadino, depositario di valori assoluti, universali, garante della tradizione, era stato cancellato.
Biùtiful cauntri ha il merito non solo di documentare questa distruzione, ma di mostrarci anche fino a che punto è stata spinta: quel mondo di pastori o agricoltori che da generazioni allevano pecore o coltivano ortaggi e frutta, quel mondo refrattario all’ammodernamento, è stato inglobato dalla immondizia. Qualcosa è rimasto, ma si tratta soltanto di uno scarto destinato a sparire, a essere incenerito. Mondi diversi si trovano accomunati da una prossimità non solo fisica, diventano parte di un unico sistema di senso. [Continua...]
Pasolini si era reso conto che i rifiuti, la “immondezza” erano uno dei segni più evidenti del linguaggio delle cose, dell’orrore e della devastazione di una cultura. Era nei rifiuti, tuttavia, che alcuni personaggi delle sue opere conseguivano una nuova consapevolezza e recuperavano l’idea del bello: come i personaggi di Che cosa sono le nuvole?, le due marionette Jago-Totò e Otello-Davoli che erano gettate alla fine dello spettacolo in discarica, e solo allora, fuori dal teatro, vedevano le nuvole e aprivano gli occhi sulla «straziante bellezza del creato». E già in Accattone, nel primo film di Pasolini, il protagonista si innamorava di una donna che lavorava fra i rifiuti, riciclando le bottiglie di vetro per poche lire al giorno. Lo stesso autore aveva realizzato anche un film rimasto inedito sul mondo dei netturbini romani, scoperto da Mimmo Calopresti fra gli scaffali dell’Archivio del movimento operaio e democratico e intitolato Come si fa a non amare Pier Paolo Pasolini. Appunti per un romanzo sull'immondezza.
La lezione di Pasolini è certo ben presente agli autori di Biùtiful cauntri e in particolare ad Andrea D’Ambrosia che aveva realizzato un documentario sul poeta friulano intitolato Nel Paese di Temporali e di Primule. Ma questa viene approfondita solo in parte. Solo in parte si intuisce che i rifiuti sono un fenomeno dietro un altro fenomeno. La presenza orribile della post modernità è diventata il linguaggio delle cose e per narrarla occorre una lingua adatta, appropriata.
Occorrerebbe ritrovare chi si assume la responsabilità intellettuale di raccontarci questo genocidio, di scavare nelle profonde ferite della nostra storia recente, andando oltre la denuncia, l’attualità o il dato allarmistico e scandalistico. Occorrerebbero autori e registi capaci di offrirci una interpretazione poetica di questo dramma.
Ripartire dal documentario mi sembra un piccolo passo in questa direzione, ma a patto che esso si faccia portavoce, in conclusione, di una visione del mondo e del cinema insieme.
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