mercoledì 28 maggio 2008

Anche la magistratura parte dello stesso film?


Appena sembrava configurarsi l’ipotesi di una possibile soluzione del problema dei rifiuti, quando le forze politiche, governo, opposizione, l’interessamento diretto del capo di stato, parevano propense a intervenire con piglio deciso, e le gravi tensioni e le barricate a Chiaiano lasciavano intravedere, se non una vera e propria cooperazione fra stato e cittadini, quanto meno lo spiraglio di un dialogo, ecco che arriva, come una scure silenziosa e implacabile, la magistratura a sconquassare un quadro già pieno di crepe e fenditure.
E su chi si abbatte? Non su coloro che hanno sversato e continuano a sversare rifiuti in ogni parte della Campania, no sulle industrie lecite o illecite che si sono arricchite in questi quattordici anni, non su coloro che ogni giorno aprono discariche illegali a celo aperto, non sui personaggi che guidano l’industria illegale dei rifiuti, ma su 25 funzionari, molti dei quali parte della Protezione civile, fra cui Marta Di Gennaro. E Marta di Gennaro è una collaboratrice stretta di Bertolaso.
È certo che ci siano stati e continuano ad esserci gravi e irresponsabili illeciti, [Continua...]
ed è giusto che la magistratura indaghi e persegua persone, politici e funzionari collusi in vari e loschi modi. Ma affidarsi ancora una volta a qualche intercettazione, quando è sotto gli occhi di tutti la prova evidente di un territorio devastato, suscita almeno qualche perplessità. Ma sarà poi vero che la magistratura è esente da dubbi e inefficienze? Gli obiettivi di questa retata, la tempistica, ma soprattutto i modi, ricordano strategie tese a non fare, a bloccare le possibili soluzioni pratiche del problema. La “retata” di oggi assume così i tratti distintivi di un avvertimento in pieno stile camorristico: “Attenti a toccare i vecchi interessi. La politica non riuscirà a spezzare le barricate. Possiamo delegittimarvi come e quando vogliamo.”
La magistratura che assume (o almeno così pare) atteggiamenti che ricordano quelli camorristici, mi pare una delle più terribili conseguenze di questa tragedia dei rifiuti, ormai penetrata fino a modificare il modo in cui la stessa città (e forse l’Italia) si autorappresenta e, in definitiva, come è.
Napoli è sempre più lontana dalle qualità che un tempo le erano tradizionalmente attribuite (che erano anche qualità antropologiche che l’italiano amava accordarsi, l’altruismo, l’arguzia, il genio, la furbizia) e piega verso un unico genere, lo spionaggio, il noir, il docufiction dalle sfumature inquietanti e macabre. Ormai non solo Napoli, ma tutta Italia, ha deciso di assumere questi generi cinematografici (e di fiction televisive) come unica possibilità di raccontarsi ed essere.
In questo modo Napoli finisce per essere, parafrasando Pavese, il gigantesco teatro dove, con maggior franchezza che altrove, viene recitato il dramma dell'Italia.

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